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dai GIORNALI di OGGI

GLI ITALIANI E LA CRISI

Se il Paese non sbanda

2009-03-12

Ingegneria Impianti Industriali

Elettrici Antinvendio

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

 

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Dal Sito Internet della BANCA D'ITALIA

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CORRIERE della SERA

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2009-03-12

GLI ITALIANI E LA CRISI

Se il Paese non sbanda

di Giuseppe De Rita

Facendo null’altro che il proprio dovere, i mezzi di comunicazione dimassa ci informano quotidianamente di fallimenti di molto onorate aziende finanziarie, di nazionalizzazioni di banche e aziende operanti negli storici templi del mercato, di affannosi piani di risanamento da trilioni di dollari, di inesauribili crolli delle borse mondiali, di verticali cadute dei consumi e della produzione, di esponenziale crescita della disoccupazione e del precariato. Siamo quindi bombardati da angosciose notizie e prospettive, e viviamo diffuse paure per il futuro. Eppure le preoccupazioni collettive non hanno quell’intensità drammatica che la tempesta mediatica ci impone quotidianamente. Colpa del fatto che tale tempesta è stata così emotivamente forte da creare altrettanto forti anticorpi di rimozione? O colpa di una popolazione che propende a galleggiare in attesa che passi la nottata? Le due ipotesi sono entrambe verosimili e frequentate; ma al di là degli orientamenti emotivi, occorre prendere atto che il modello di sviluppo italiano permette oggi una costante e diffusa "redistribuzione della crisi".

Avviene sul piano territoriale, dove coesistono realtà locali di vitale sopravvivenza ed altre in grande difficoltà; avviene sul piano della composizione sociale, dove coesistono gruppi professionali iperprotetti e gruppi che stanno nelle valli della disoccupazione o del precariato; avviene all’interno del sistema di imprese, dove alcune continuano a restare fiduciose ed altre, specialmente nel terziario, perdono l’aggressività un po’ vuota degli ultimi anni; avviene anche e specialmente all’interno delle finanze familiari, dove le difficoltà di alcuni componenti vengono spesso compensate dai redditi più "sicuri ", di altri o dalla nuova espansione del lavoro sommerso. Se a tutto ciò si aggiunge la coazione alla liquidità che contraddistingue l’attuale momento (le famiglie non spendono, i commercianti non rinnovano i flussi di offerta, le banche non erogano, eccetera) possiamo aver conferma che tutto è sospeso, quasi fermo: nessuno rischia, ma nessuno crolla. Il policentrismo italiano, con la conseguente "architettura distribuita del sistema", decomprime la crisi e la ridistribuisce su vari punti di tenuta, magari flebili ma capaci di non tracollare.

Ciò può apparire molto italiano, quasi provinciale, ma è cosa che funziona, tanto da rendere incoerente l’impegno ad interventi forti, concentrati, centralizzati. Non a caso l’intervento più consistente e immediato del governo nazionale, quello sulla cassa integrazione, è stato fatto rifluire a livello delle regioni e quindi delle varie differenze territoriali, professionali, sociali; così come tendono a rifluire su innumerevoli soggetti le per ora intenzionali idee di politica abitativa (tutto da verificare invece l’impatto diffusivo delle grandi opere pubbliche). Se il Paese quindi per ora non sbanda è perché ridistribuisce i problemi su più processi di responsabilizzazione. C’è solo da domandarsi quale futuro abbia questa redistribuzione policentrica della crisi, se cioè la sua funzione anticiclica possa resistere a lungo, ove la crisi si accentuasse e diventasse pesante. La sensazione è che ancora per alcuni mesi il meccanismo possa continuare a reggere, pur con qualche inevitabile slabbratura. E se dovesse reggere, avremmo a disposizione un fattore potente della eventuale auspicata ripartenza: questa non sarebbe portata avanti da pochi eletti, e meno ancora dalle autorità centrali, ma sarebbe una ripresa vitalizzata dai molti punti di responsabilità che si sono condensati negli anni, ed anche nella attuale fase di crisi.

12 marzo 2009

REPUBBLICA

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2009-03-12

 

 

 

 

L'UNITA'

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il SOLE 24 ORE

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ISTAT

http://www.istat.it/salastampa/comunicati/in_calendario/prodind/20090210_00/

Indice della produzione industriale

Periodo di riferimento: Dicembre 2008

Diffuso il: 10 febbraio 2009

Prossimo comunicato: 18 marzo 2009

Nel mese di dicembre 2008, sulla base degli elementi finora disponibili,l'indice della produzione industriale con base 2000=100 è risultato pari a 75,6 con una diminuzione del 12,2 per cento rispetto a dicembre 2007, allorché risultò uguale a 86,1. Nella media dell’intero anno 2008 l’indice ha presentato una diminuzione del 4,3 per cento. L'indice della produzione corretto per i giorni lavorativi ha registrato in dicembre una diminuzione tendenziale del 14,3 per cento (i giorni lavorativi sono stati 20 contro i 19 di dicembre 2007),mentre nella media del 2008 il medesimo indice ha segnato un calo del 4,3 per cento rispetto al corrispondente periodo del 2007 (i giorni lavorativi sono stati 253 come nel 2007). L'indice della produzione industriale destagionalizzato è risultato pari a 84,9 con una diminuzione del 2,5 per cento rispetto a novembre 2008.

Si segnala che a partire dalla pubblicazione dei dati relativi al gennaio 2009 inizierà la diffusione dei nuovi indici della produzione industriale,espressi in base 2005 e calcolati utilizzando la nuova classificazione delle attività economiche ATECO 2007 (omologo italiano della NACE rev.2 europea). Contestualmente si procederà alla ricostruzione delle serie stori-che retrospettive che saranno rese disponibili nella banca dati ConIstat.

E’ da notare che il passaggio alla base di riferimento 2005 e alla NACE rev.2 per gli indicatori congiunturali avverrà in corrispondenza del dato di gennaio 2009 in tutti i paesi dell’Unione europea.

 

Ulteriori dati sono disponibili sulla banca dati CONISTAT